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21 febbraio 2013 4 21 /02 /febbraio /2013 10:38

Negli ultimi anni, forse a causa dell’inesorabile approssimarsi della mia vecchiaia (30 anni fanno paura!) e della mania di non voler dimenticare nulla, ho maturato una vera e propria ossessione per la fotografia. E siccome tutto, nell’era del digitale, può diventare protagonista dei miei ricordi, ho accumulato migliaia di foto senza mai stamparle. 

Recentemente sono stata contattata da pixum.it che mi ha proposto di recensire gratuitamente un loro prodotto, a mia scelta, usufruendo di un coupon sconto di 20 euro. Potete immaginare la mia felicità quando ho scoperto che si trattava di un’azienda che offre servizi di stampa digitale online! A questo punto ho cominciato a visitare il sito cercando di scegliere l'opzione che mi permettesse sia di recensire al meglio il prodotto/servizio, sia di stampare le mie foto più belle.

Stampe foto in tutti i formati, calendari, stampe su diversi oggetti (tazze, t-shirt, cuscini, quaderni, orologi) e materiali (legno, alluminio, cartoncino), biglietti e inviti, cartoline. Ce n'è davvero per tutti i gusti. Dopo un paio di giorni di crisi mistica, non volendo fare la fine dell’asino di Buridano, ho fatto la mia scelta, un fotolibro con queste caratteristiche:

* formato quadrato piccolo (14X12 cm)
* con rilegatura quaderno
* 26 pagine base al costo di € 7.95
* due gruppi di 8 pagine aggiuntive al costo di € 2 ciascuno 

ovvero;

* 42 pagine totali
* un costo di € 11.95
* € 6.90 di spese di spedizione (forse un pò alte per le mie tasche)

Quindi, per un costo totale di € 18.85, ho potuto ordinare e ricevere un fotolibro di 42 pagine in cui ho posizionato le mie fotografie senza alcun limite di numero. 

Dopo aver discusso di vile denaro, passiamo però alla pratica…come si realizza un fotolibro su pixum.it? Innanzitutto occorre scaricare un software gratuito già presente sul sito e compatibile con i principali sistemi operativi in commercio (Microsoft Window 7, 2000, XP e Vista; Mac OS X Leopard, Snow Leopard e Lion; Linux da Kernel 2.6).

A dispetto di un po’ di lentezza e del fatto che ho dovuto riavviare il programma un paio di volte, l’interfaccia è abbastanza intuitiva e semplice da utilizzare anche per un neofita anche grazie all’inserimento di un assistente integrato che crea una prima versione del fotolibro sulla base di impostazioni preinstallate nel software. Se invece siamo utenti un po’ più smaliziati, il Software Fotolibro Pixum offre diverse possibilità: scelta del design con diverse opzioni di layout personalizzabili in base al numero di foto presenti nella pagina, sfondi, clipart, effetti di elaborazione delle immagini (taglio, zoom in e out, colore, illuminazione), scrittura di testi. Insomma possiamo creare il nostro album dando sfogo alla nostra creatività in piena libertà. Una volta terminato, è possibile vedere l’anteprima del fotolibro, che vi consiglio di controllare più di una volta perché io purtroppo non mi sono resa conto che un paio di clipart risultavano spostate (questo è un altro dei piccoli problemini del software) durante il rendering finale.

Fatto ciò, possiamo ordinare il fotolibro direttamente dal programma (purché siamo connessi a internet) e dobbiamo attendere 3-5 giorni lavorativi per ricevere il pacco che sarà consegnato dal corriere Bartolini. Ricevo il mio pacco dopo 4 giorni lavorativi e, scusate la fissazione, ma la prima cosa importante per me è il modo in cui è sigillato perché ho sempre paura di ritrovarmi con un prodotto fallato, stropicciato o visibile dall’esterno. Noto con piacere che si tratta di una cartellina di cartone spesso, ben sigillato, contenente una busta, sempre sigillata, all’interno della quale il mio fotolibro si trova ben protetto tra due cartoncini. Aprire pacchi mi fa venire l’ansia ma il primo passo è compiuto.

Adesso tocca al fotolibro.

Beh che dire? Sarò sincera, mi aspettavo un quadernetto di scarsa fattura, con pagine di qualità tipo velina che si stropicciano solo se le guardi (figuriamoci se le sfogli...) e invece, ou contraire, devo ammettere che sono stata completamente sbugiardata e sorpresa! Le pagine (in carta premium 150 g/m²) sono spesse abbastanza da poter essere sfogliate a cuor leggero, tanto che persino la rilegatura quaderno non mi ha fatto rimpiangere di non aver scelto una copertina rigida. Per quanto riguarda l’aspetto visivo, i colori degli sfondi sono vividi così come quelli delle immagini clipart che ho aggiunto per decorare l’album. La stampa delle foto ha mantenuto una buonissima qualità di risoluzione, assolutamente compatibile con le originali digitali.

In sostanza, un ottimo prodotto che mi sento di consigliare a chiunque abbia voglia di stampare le proprie foto in maniera creativa per fare un regalo o anche soltanto per conservarle nella propria libreria.

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9 novembre 2011 3 09 /11 /novembre /2011 15:29

L'arrivo della stagione fredda segna la fine delle cosiddette pettinature free, dei capelli lasciati asciugare all'aria aperta senza phon, delle capigliature naturalmente mosse. Ricomincia il periodo delle asciugature spazzola e phon, ma soprattutto della tanto temuta piastra! Per chi, come me, ha un pessimo capello tendente al crespo, una buona piastratura può salvare la chioma dall'effetto spazzolino elettrizzato. Ma la piastra non può essere la panacea per ogni danno "capillare". Il miracolo deve cominciare con il lavaggio dei capelli e proseguire fino alla cura post-piastra.

Ecco il mio vademecum passo per passo. 

IL LAVAGGIO

Scegliete uno shampoo molto nutriente ma che non sia eccessivamente aggressivo e abbinatelo ad una maschera ugualmente nutriente. Il mio consiglio è di utilizzare comunque dei prodotti che prevedono il risciacquo, per evitare che i capelli si appesantiscano eccessivamente e diano l'impressione di essere unti.

Il prodotto consigliato del momento: Shampoo Ultra Dolce di Garnier all'Estratto di Mango e Fiori di Tiarè + Maschera abbinata

PRIMA DELL'ASCIUGATURA

Curate particolarmente le punte dei capelli, specie se li avete lunghi, perchè l'uso frequente della piastra, se è vero che secca tutto il capello, sulle punte ha un effetto particolarmente disastroso, producendo le temibili doppie punte e peggiorando la tendenza al crespo.

Il prodotto consigliato del momento: Siero per Punte Secche di Advance Techniques (lo trovate in tutti i cataloghi Avon)

ASCIUGATURA

Purtroppo spazzola e phon sono d'obbligo. Armatevi di molta pazienza e cercate di ottenere dei capelli il più lisci possibile perchè ne guadagnerete in tempo e salute della chioma durante la fase di piastratura. Usate una grossa spazzola tonda di legno, per non elettrizzare i capelli

PIASTRA

Croce e delizia dei nostri capelli. Ricordate di passarla con attenzione dalla radice dei capelli fino alle punte, altrimenti al primo accenno di umidità tutto il vostro lavoro sarà stato vano.

Il prodotto consigliato del momento: la serie Bellissima di Imetec

DOPO LA PIASTRA

La vostra chioma potrebbe risultare un pò spenta e asciutta, quindi potreste utilizzare qualche prodotto che la faccia risplendere e al tempo stesso la nutra, ma senza eccedere per evitare l'appesantimento del capello.

Il prodotto consigliato del momento: Mirror Shine Spray di Advance Techniques (distribuito da Avon)

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1 novembre 2011 2 01 /11 /novembre /2011 17:49

Per la serie "Come addolcire anche le festività estremamente tristi".

Domani, nonostante si tratti di un giorno dedicato alla commemorazione dei cari estinti, il popolo napoletano si appresta a celebrare una delle tradizioni più dolci e più belle per i bambini, quella del Torrone dei morti.

Lasciatevelo dire, da figlia di napoletani doc trapiantati a Caserta, l'assenza di questo cerimoniale dolciario si fa sentire, eccome. L'usanza consiste nel preparare, regalare e gustare un torrone ad elevatissimo contenuto calorico: non si tratta del classico torrone duro di miele e mandorle, ma di un torrone morbido e cremoso, spesso ripieno di nocciole intere e ricoperto da un denso guscio di cioccolato, che solitamente viene tagliato a fette e divorato senza ritegno il 2 novembre al termine del pranzo o quando arrivano ospiti. Col passare degli anni, per il piacere del mio e del vostro palato, la ricetta si è perfezionata e oggi la crema interna è preparata con i gusti più svariati: cioccolato, caffè, mandorla, fragola, pistacchio, cassata, zuppa inglese, tiramisù, con l'aggiunta di frutta secca o candita. Tradizione vuole che, in un tempo lontano, i bambini portassero questo torrone ai morti come dono, da qui il nome "Torrone dei morti".

A Napoli si tratta di un'usanza molto sentita e infatti, nei giorni precedenti al 2 novembre, la città viene invasa di torroni di ogni tipo, come se fosse già Natale. Qui a Caserta ci siamo dovuti accontentare del torrone gianduia e nocciole di una nota marca, ma in un modo o nell'altro, anche da emigranti, bisogna continuare a portare la bandiera! E poi una tradizione così...chi vorrebbe perdersela?

Bon appetit! 4098734450_484d93f6fb.jpg

 

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28 ottobre 2011 5 28 /10 /ottobre /2011 22:19

Ebbene si, nella notte tra l'ormai prossimo sabato 29 ottobre e domenica 30 ottobre, tutti gli orologi dovranno essere riportati indietro di un ora. L'ora legale viene sostituita dall'ora solare che resterà in vigore fino al 25 marzo del 2012.


Ma da dove nasce questa consuetudine?

Il primo a proporre l'utilizzo dell'ora solare fu l'entomologo George Vernon Hudson nel 1895, ma la sua idea venne presa in considerazione solo 21 anni dopo, nel 1916, quando divenne necessario modificare gli orari per risparmiare carbone durante il periodo della guerra. I primi ad accogliere la proposta furono i tedeschi, seguiti a ruota dai loro alleati, dalla Gran Bretagna e dalla maggior parte dei Paesi Europei, nei quali questa consuetudine è tuttora in vigore. Attualmente il cambio dell'ora avviene in quasi tutti i Paesi occidentali: l'intera Europa (tranne Russia, Bielorussia e Islanda), il Nordamerica (tranne l'Arizona), in alcuni Paesi dell'America Latina (Messico, Cile, Brasile). A questi si aggiungono il Marocco e la Namibia, in Africa. I Paesi Asiatici l'hanno adottata per alcuni anni ma poi l'hanno abbandonata, senza rimpianti.

 

Molti di voi, in questi giorni, si saranno divertiti a dire che va via l'unica cosa rimasta legale nel nostro Belpaese (e non vi biasimo!), ma principalmente questo cambio d'ora significa che potremo dormire un'ora in più. Difatti, esattamente alle 3 di notte, le lancette dei nostri orologi saranno riportate indietro alle 2, facendoci recuperare un'ora di sonno bella piena.

Dunque non dimenticate di sincronizzare gli orologi!!!

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27 ottobre 2011 4 27 /10 /ottobre /2011 14:19

Oggi i funerali del motociclista Marco Simoncelli.

Oggi più che mai, mi tornano in mente le parole che pochi giorni fa sono state usate per ricordare Steve Jobs, usando un suo stesso discorso.

Più affamato e meravigliosamente folle di così, non si può. 

 

“Sono onorato di essere qui con voi oggi alle vostre lauree in una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. Anzi, per dire la verità, questa è la cosa più vicina a una laurea che mi sia mai capitata. Oggi voglio raccontarvi tre storie della mia vita. Tutto qui, niente di eccezionale: solo tre storie.

La prima storia è sull’unire i puntini.

Ho lasciato il Reed College dopo il primo semestre, ma poi ho continuato a frequentare in maniera ufficiosa per altri 18 mesi circa prima di lasciare veramente. Allora, perché ho mollato?

E’ cominciato tutto prima che nascessi. Mia madre biologica era una giovane studentessa di college non sposata, e decise di lasciarmi in adozione. Riteneva con determinazione che avrei dovuto essere adottato da laureati, e fece in modo che tutto fosse organizzato per farmi adottare fin dalla nascita da un avvocato e sua moglie. Però quando arrivai io loro decisero all’ultimo minuto che avrebbero voluto adottare una bambina. Così quelli che poi sono diventati i miei genitori adottivi e che erano in lista d’attesa, ricevettero una chiamata nel bel mezzo della notte che gli diceva: “C’è un bambino, un maschietto, non previsto. Lo volete voi?” Loro risposero: “Certamente”. Più tardi mia madre biologica scoprì che mia madre non si era mai laureata al college e che mio padre non aveva neanche finito il liceo. Rifiutò di firmare le ultime carte per l’adozione. Poi accetto di farlo, mesi dopo, solo quando i miei genitori adottivi promisero formalmente che un giorno io sarei andato al college.

Diciassette anni dopo andai al college. Ma ingenuamente ne scelsi uno altrettanto costoso di Stanford, e tutti i risparmi dei miei genitori finirono per pagarmi l’ammissione e i corsi. Dopo sei mesi, non riuscivo a vederci nessuna vera opportunità. Non avevo idea di quello che avrei voluto fare della mia vita e non vedevo come il college potesse aiutarmi a capirlo. Eppure ero là, che spendevo tutti quei soldi che i miei genitori avevano messo da parte lavorando per tutta la loro vita. Così decisi di mollare e avere fiducia che tutto sarebbe andato bene lo stesso. Era molto difficile all’epoca, ma guardandomi indietro ritengo che sia stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Nell’attimo che mollai il college, potei anche smettere di seguire i corsi che non mi interessavano e cominciai invece a capitare nelle classi che trovavo più interessanti.

Non è stato tutto rose e fiori, però. Non avevo più una camera nel dormitorio, ed ero costretto a dormire sul pavimento delle camere dei miei amici. Guadagnavo soldi riportando al venditore le bottiglie di Coca cola vuote per avere i cinque centesimi di deposito e poter comprare da mangiare. Una volta la settimana, alla domenica sera, camminavo per sette miglia attraverso la città per avere finalmente un buon pasto al tempio Hare Krishna: l’unico della settimana. Ma tutto quel che ho trovato seguendo la mia curiosità e la mia intuizione è risultato essere senza prezzo, dopo. Vi faccio subito un esempio.

Il Reed College all’epoca offriva probabilmente la miglior formazione del Paese relativamente alla calligrafia. Attraverso tutto il campus ogni poster, ogni etichetta, ogni cartello era scritto a mano con calligrafie meravigliose. Dato che avevo mollato i corsi ufficiali, decisi che avrei seguito la classe di calligrafia per imparare a scrivere così. Fu lì che imparai dei caratteri serif e san serif, della differenza tra gli spazi che dividono le differenti combinazioni di lettere, di che cosa rende grande una stampa tipografica del testo. Fu meraviglioso, in un modo che la scienza non è in grado di offrire, perché era artistico, bello, storico e io ne fui assolutamente affascinato.

Nessuna di queste cose però aveva alcuna speranza di trovare una applicazione pratica nella mia vita. Ma poi, dieci anni dopo, quando ci trovammo a progettare il primo Macintosh, mi tornò tutto utile. E lo utilizzammo tutto per il Mac. E’ stato il primo computer dotato di una meravigliosa capacità tipografica. Se non avessi mai lasciato il college e non avessi poi partecipato a quel singolo corso, il Mac non avrebbe probabilmente mai avuto la possibilità di gestire caratteri differenti o font spaziati in maniera proporzionale. E dato che Windows ha copiato il Mac, è probabile che non ci sarebbe stato nessun personal computer con quelle capacità. Se non avessi mollato il college, non sarei mai riuscito a frequentare quel corso di calligrafia e i persona computer potrebbero non avere quelle stupende capacità di tipografia che invece hanno. Certamente all’epoca in cui ero al college era impossibile unire i puntini guardando il futuro. Ma è diventato molto, molto chiaro dieci anni dopo, quando ho potuto guardare all’indietro.

Di nuovo, non è possibile unire i puntini guardando avanti; potete solo unirli guardandovi all’indietro. Così, dovete aver fiducia che in qualche modo, nel futuro, i puntini si potranno unire. Dovete credere in qualcosa – il vostro ombelico, il destino, la vita, il karma, qualsiasi cosa. Questo tipo di approccio non mi ha mai lasciato a piedi e invece ha sempre fatto la differenza nella mia vita.
La mia seconda storia è a proposito dell’amore e della perdita

Sono stato fortunato: ho trovato molto presto che cosa amo fare nella mia vita. Woz e io abbiamo fondato Apple nel garage della casa dei miei genitori quando avevo appena 20 anni. Abbiamo lavorato duramente e in 10 anni Apple è cresciuta da un’azienda con noi due e un garage in una compagnia da due miliardi di dollari con oltre quattromila dipendenti. L’anno prima avevamo appena realizzato la nostra migliore creazione – il Macintosh – e io avevo appena compiuto 30 anni, e in quel momento sono stato licenziato. Come si fa a venir licenziati dall’azienda che hai creato? Beh, quando Apple era cresciuta avevamo assunto qualcuno che ritenevo avesse molto talento e capacità per guidare l’azienda insieme a me, e per il primo anno le cose sono andate molto bene. Ma poi le nostre visioni del futuro hanno cominciato a divergere e alla fine abbiamo avuto uno scontro. Quando questo successe, il Board dei direttori si schierò dalla sua parte. Quindi, a 30 anni io ero fuori. E in maniera plateale. Quello che era stato il principale scopo della mia vita adulta era andato e io ero devastato da questa cosa.

Non ho saputo davvero cosa fare per alcun imesi. Mi sentivo come se avessi tradito la generazione di imprenditori prima di me – come se avessi lasciato cadere la fiaccola che mi era stata passata. Incontrai David Packard e Bob Noyce e tentai di scusarmi per aver rovinato tutto così malamente. Era stato un fallimento pubblico e io presi anche in considerazione l’ipotesi di scappare via dalla Silicon Valley. Ma qualcosa lentamente cominciò a crescere in me: ancora amavo quello che avevo fatto. L’evolvere degli eventi con Apple non avevano cambiato di un bit questa cosa. Ero stato respinto, ma ero sempre innamorato. E per questo decisi di ricominciare da capo.

Non me ne accorsi allora, ma il fatto di essere stato licenziato da Apple era stata la miglior cosa che mi potesse succedere. La pesantezza del successo era stata rimpiazzata dalla leggerezza di essere di nuovo un debuttante, senza più certezze su niente. Mi liberò dagli impedimenti consentendomi di entrare in uno dei periodi più creatvi della mia vita.

Durante i cinque anni successivi fondai un’azienda chiamata NeXT e poi un’altra azienda, chiamata Pixar, e mi innamorai di una donna meravigliosa che sarebbe diventata mia moglie. Pixar si è rivelata in grado di creare il primo film in animazione digitale, Toy Story, e adesso è lo studio di animazione più di successo al mondo. In un significativo susseguirsi degli eventi, Apple ha comprato NeXT, io sono ritornato ad Apple e la tecnologia sviluppata da NeXT è nel cuore dell’attuale rinascimento di Apple. E Laurene e io abbiamo una meravigliosa famiglia.

Sono sicuro che niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato licenziato da Apple. E’ stata una medicina molto amara, ma ritengo che fosse necessaria per il paziente. Qualche volta la vita ti colpisce come un mattone in testa. Non perdete la fede, però. Sono convinto che l’unica cosa che mi ha trattenuto dal mollare tutto sia stato l’amore per quello che ho fatto. Dovete trovare quel che amate. E questo vale sia per il vostro lavoro che per i vostri affetti. Il vostro lavoro riempirà una buona parte della vostra vita, e l’unico modo per essere realimente soddisfatti è fare quello che riterrete un buon lavoro. E l’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che fate. Se ancora non l’avete trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi. Con tutto il cuore, sono sicuro che capirete quando lo troverete. E, come in tutte le grandi storie, diventerà sempre migliore mano a mano che gli anni passano. Perciò, continuate a cercare sino a che non lo avrete trovato. Non vi accontentate.
La mia terza storia è a proposto della morte

Quando avevo 17 anni lessi una citazione che suonava più o meno così: “Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo, sicuramente una volta avrai ragione”. Mi colpì molto e da allora, per gli ultimi 33 anni, mi sono guardato ogni mattina allo specchio chiedendomi: “Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?”. E ogni qualvolta la risposta è “no” per troppi giorni di fila, capisco che c’è qualcosa che deve essere cambiato.

Ricordarsi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose – tutte le aspettative di eternità, tutto l’orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire – semplicemente svaniscono di fronte all’idea della morte, lasciando solo quello che c’è di realmente importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa che avete qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione per non seguire il vostro cuore.

Più o meno un anno fa mi è stato diagnosticato un cancro. Ho fatto la scansione alle sette e mezzo del mattino e questa ha mostrato chiaramente un tumore nel mio pancreas. Non sapevo neanche che cosa fosse un pancreas. I dottori mi dissero che si trattava di un cancro che era quasi sicuramente di tipo incurabile e che sarebbe stato meglio se avessi messo ordine nei miei affari (che è il codice dei dottori per dirti di prepararti a morire). Questo significa prepararsi a dire ai tuoi figli in pochi mesi tutto quello che pensavi avresti avuto ancora dieci anni di tempo per dirglielo. Questo significa essere sicuri che tutto sia stato organizzato in modo tale che per la tua famiglia sia il più semplice possibile. Questo significa prepararsi a dire i tuoi “addio”.

Ho vissuto con il responso di quella diagnosi tutto il giorno. La sera tardi è arrivata la biopsia, cioè il risultato dell’analisi effettuata infilando un endoscopio giù per la mia gola, attraverso lo stomaco sino agli intestini per inserire un ago nel mio pancreas e catturare poche cellule del mio tumore. Ero sotto anestesia ma mia moglie – che era là – mi ha detto che quando i medici hanno visto le cellule sotto il microscopio hanno cominciato a gridare, perché è saltato fuori che si trattava di un cancro al pancreas molto raro e curabile con un intervento chirurgico. Ho fatto l’intervento chirurgico e adesso sto bene.

Questa è stata la volta in cui sono andato più vicino alla morte e spero che sia anche la più vicina per qualche decennio. Essendoci passato attraverso posso parlarvi adesso con un po’ più di cognizione di causa di quando la morte era per me solo un concetto astratto e dirvi:

Nessuno vuole morire. Anche le persone che vogliono andare in paradiso non vogliono morire per andarci. E anche che la morte è la destinazione ultima che tutti abbiamo in comune. Nessuno gli è mai sfuggito. Ed è così come deve essere, perché la Morte è con tutta probabilità la più grande invenzione della Vita. E’ l’agente di cambiamento della Vita. Spazza via il vecchio per far posto al nuovo. Adesso il nuovo siete voi, ma un giorno non troppo lontano diventerete gradualmente il vecchio e sarete spazzati via. Mi dispiace essere così drammatico ma è la pura verità.

Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario.

Quando ero un ragazzo c’era una incredibile rivista che si chiamava The Whole Earth Catalog, praticamente una delle bibbie della mia generazione. E’ stata creata da Stewart Brand non molto lontano da qui, a Menlo Park, e Stewart ci ha messo dentro tutto il suo tocco poetico. E’ stato alla fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer e del desktop publishing, quando tutto era fato con macchine da scrivere, forbici e foto polaroid. E’ stata una specie di Google in formato cartaceo tascabile, 35 anni prima che ci fosse Google: era idealistica e sconvolgente, traboccante di concetti chiari e fantastiche nozioni.

Stewart e il suo gruppo pubblicarono vari numeri di The Whole Earth Catalog e quando arrivarono alla fine del loro percorso, pubblicarono il numero finale. Era più o meno la metà degli anni Settanta e io avevo la vostra età. Nell’ultima pagina del numero finale c’era una fotografia di una strada di campagna di prima mattina, il tipo di strada dove potreste trovarvi a fare l’autostop se siete dei tipi abbastanza avventurosi. Sotto la foto c’erano le parole: “Stay Hungry. Stay Foolish.”, siate affamati, siate folli. Era il loro messaggio di addio. Stay Hungry. Stay Foolish. Io me lo sono sempre augurato per me stesso. E adesso che vi laureate per cominciare una nuova vita, lo auguro a voi.

Stay Hungry. Stay Foolish."

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25 agosto 2011 4 25 /08 /agosto /2011 16:32

L’attore, cantante e illusionista statunitense divenuto "leggen…dario" per il ruolo di Barney Stinson nella serie tv How I Met Your Mother

Barney Stinson e la nuova comicità americana: sfida accettata!

Non basterebbe un video curriculum ben congeniato (episodio 4X14 The Possimpible, How I Met Your Mother) per spiegare quanto la nuova comicità americana possa essere spassosa e al tempo stesso indurre a fare importanti riflessioni sulle peculiarità di un certo tipo di uomo. Tutto merito di un personaggio ben riuscito? Probabilmente sì, ma bisogna ammettere che Neil Patrick Harris la sua bravura d’attore ce la mette tutta. Che cosa sarebbe stato, infatti, il donnaiolo Barney Stinson senza la passione per l’illusionismo di Neil? La nuova comicità americana, incarnata da questo personaggio televisivo, è una comicità pulita, priva di volgarità e, soprattutto, rivelatrice di tutti quei biechi trucchetti dei quali un uomo solitamente si serve per conquistare ingenue fanciulle. Barney è un concentrato di adorabile sfacciataggine. Nonostante abbia un suo personalissimo manuale (The Playbook) in cui raccoglie tutte le sue più efficaci tecniche di rimorchio, e abbandoni le ragazze in malo modo dopo averci passato la notte, Barney resta un personaggio positivo, con un'irresistibile faccia da schiaffi, sempre elegante nei suo completi di sartoria (Suit up! è il suo motto). La comicità di Neil Patrick Harris è proprio quella di Barney Stinson, indubbiamente il suo personaggio meglio riuscito, almeno finora perché la carriera di Harris si prospetta lunga e brillante. Barney è il classico sciupafemmine che tutte le femministe odiano dal più profondo del loro cuore (ma poi, inevitabilmente, finiscono a letto con lui) ed è il tipo di uomo che ogni maschio vorrebbe essere. O quantomeno vorrebbero avere come amico, per potergli fare da spalla durante una delle sue diaboliche tecniche di rimorchio e poter consolare le ignare ragazze sedotte e abbandonate da lui.

Il coming-out

Le capacità interpretative di Harris lo rendono assolutamente convincente e credibile nel ruolo di Barney, quasi come se l’attore stesse interpretando se stesso. Forse è questa la ragione per la quale ha destato tanto sconcerto e incredulità tra i fans la notizia della sua omosessualità: nel 2006, infatti, fa coming-out dichiarando di amare il collega attore David Burtka (che appare in How I met your mother nel ruolo di Scooter, ex fidanzato di Lily), con il quale ha recentemente avuto due gemellini, grazie all’aiuto di una madre surrogato, e che intende sposare presto. Ad ogni modo, lungi dall’essere un loser, come guest star sfoggia in Glee un’estensione vocale che non ci saremmo mai aspettati da lui: la sua esibizione in Dream on ha una carica canora ed espressiva davvero sorprendente.
Un artista dalle mille sfaccettature che sicuramente ha in serbo per noi ancora tante, piacevoli sorprese.

Neil Patrick Harris Shankbone 2010 NYC
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16 agosto 2011 2 16 /08 /agosto /2011 00:03

Un Grande Classico della Disney

La storia

Un libro si spalanca dinanzi ai nostri occhi, introducendoci in un mondo dai mille colori brillanti, accompagnati dalla voce suadente del Grillo Parlante: l’esordio di Pinocchio riprende il più dolce dei momenti dell’infanzia, quello del racconto di una favola prima di andare a letto. Geppetto è un falegname che ha la passione per l’intaglio degli orologi a cucù (di cui ha inondato il suo studio di lavoro), ma, nonostante la compagnia di Figaro e Cleo (il gattino e la pesciolina rossa), decide di costruire un burattino di legno per sentirsi meno solo. Il pover’uomo vorrebbe tanto che il suo burattino diventasse un bambino vero e s’addormenta cullato da questo pensiero felice, guardando fuori dalla finestra la Stella dei Desideri che, si dice, esaudisca i desideri. Geppetto non sa che quella sera la Stella sta ascoltando proprio lui: la Stella/Fata Azzurra entra nella camera e dona la vita al burattino, affidando al Grillo il ruolo di fargli da coscienza. Nonostante le ammonizioni del Grillo, Pinocchio incapperà in mille disavventure: si farà imbrogliare più volte dal terribile duo del Gatto e la Volpe, sarà intrappolato dal burattinaio Mangiafuoco, rischierà di diventare un asino nel Paese dei Balocchi. Quando, infine, deciderà di tornare dall’amato Geppetto, scoprirà che l’uomo, disperato, è andato a cercarlo per mare. I due si ritroveranno nella pancia di una balena, dalla quale fuggiranno costruendo una zattera e facendo starnutire l’animale. Durante la fuga, Pinocchio mette coraggiosamente a repentaglio la propria vita per portare in salvo Geppetto. Grazie a quest’atto di buon cuore, la Fata Azzurra lo premierà tramutandolo, finalmente, in un bambino vero.

Recensione

Ispirato al romanzo di Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio. Storia d’un burattino, è uno dei più noti Classici Disney. Prodotto e distribuito a partire dal 1940, il film arriva in Italia nel 1947. Inizialmente poco apprezzato, dopo varie riedizioni ottiene In Italia un successo strepitoso, complici anche le origini italiane del romanzo cui si ispira. La trama del film è depurata da tutti gli eventi più crudi del romanzo originario (la povertà estrema di Geppetto, l’impiccagione di Pinocchio, la morte della Fata Turchina) ed è completamente incentrata sul percorso, tutto in salita, dell’evoluzione magica, ma soprattutto della maturazione morale, che tramuterà il tocco di legno in un bambino di carne e ossa. Più che come figlio scapestrato (come il Pinocchio del romanzo), nel film il burattino viene tratteggiato come ingenua e maldestra vittima di furbastri senza scrupoli che lo trascinano in ogni sorta di disavventure. Alla fine solo la forza di volontà e il coraggio gli permetteranno di riscattarsi e di realizzare il desiderio di diventare un bambino vero.

Disney Jeu D'atout Ducale- PinocchioMeeting Jiminy, Geppetto and Pinocchio on Main StreetPinocchio projections at Disney Animation
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7 agosto 2011 7 07 /08 /agosto /2011 11:47

La vita dell'attrice, regista e produttrice cinematografica Jennifer Joanna Anastassakis (in arte Jennifer Aniston)

Biografia

Figlia di attori e con un padrino come Telly Savalas (Tenente Kojak), a 11 anni già frequenta la classe di teatro e arti figurative alla Rudolf Steiner School e il Metropolitan Museum of Art espone un suo quadro. Si diploma alla High School for the Performing Arts e recita in alcuni spettacoli teatrali che riscuotono poco successo. Dopo piccoli ruoli in varie fiction, nel 1993 debutta come protagonista nel lungometraggio horror Leprechaun, nel quale dimostra grande professionalità girando una scena di fuga nonostante una caviglia slogata. Poco dopo arriva la grande occasione: ottiene la parte di Monica nella serie televisiva Friends, salvo poi scambiarsi il ruolo con Courtney Cox (che aveva ottenuto il ruolo di Rachel Green) perché il personaggio le calzava meglio. Friends le porta soldi, fama e un rapporto d’amicizia con i colleghi di lavoro destinato a durare nel tempo: i sei protagonisti sciopereranno insieme per ottenere un compenso adeguato al successo della serie e Jennifer sarà madrina della figlia di Courtney. Nel 1995 è protagonista, insieme al collega di Friends Matthew Perry (Chandler), di alcuni sketch promozionali per Microsoft Windows 95. Nel 1998 compare con Quentin Tarantino nel videogioco Steven Spielberg’s Director’s Chair che simula la produzione di un film ideato da Spielberg. Nel 2000 sposa Brad Pitt, diventando la "bruttina" che è riuscita a farsi impalmare da uno degli attori più apprezzati dall’universo femminile. Purtroppo la coppia che fece sognare il mondo arriva al divorzio dopo soli quattro anni e mezzo. Nel 2006 debutta alla regia, dirigendo con Buchanan un cortometraggio ambientato in un pronto soccorso (Room 10) e partecipa all'evento benefico The 24 Hour Plays 2006, un laboratorio durante il quale sei commedie di dieci minuti sono scritte, provate e rappresentate in 24 ore. Protagonista di tante commedie nel ruolo di donne in preda a crisi sentimentali (Romantici equivoci, L’oggetto del mio desiderio, Ti odio, ti lascio, ti…, La verità è che non gli piaci abbastanza, Io & Marley), partner di Jim Carrey in Una settimana da Dio e Ben Stiller in …E alla fine arriva Polly, all’inizio del 2007 è, secondo Forbes, la decima donna più ricca dello spettacolo, con un patrimonio di 110 milioni di dollari. Ha vinto un Golden Globe (2003) come migliore attrice per Friends.

Foto

Inizialmente etichettata come non particolarmente bella, Jennifer è diventata una delle donne più amate dal pubblico maschile. L’attrice è spesso protagonista di servizi fotografici sulle riviste (Rolling Stones, Forbes, GQ), ma se vogliamo affidarci alla rete, possiamo trovare una grandissima quantità di fan foto su siti interamente dedicati a lei: Jenaniston.net, Anistoncenter.com, Jenniferanistonsource.com, Anistonavenue.com.

Jennifer Aniston and Steve Zahn on the Red Carpet for the tiff 08 prem
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6 agosto 2011 6 06 /08 /agosto /2011 18:27

Vincent Van Gogh: tra arte e follia. Di seguito un breve 'ritratto' dei suoi mitici fiori.

Formazione

Pittore olandese formatosi col Realismo, aderisce prima all'Impressionismo, condividendone l’idea di pittura come oggettivazione della coscienza dell’artista, e successivamente pone le basi dell’Espressionismo, che identifica arte ed esistenza. Noto per le intemperanze caratteriali e per un’inquietudine dolorosa che lo tormenterà tutta la vita. L'ansia di farsi capire attraverso la sua arte e la consapevolezza di non essere compreso, lo condurranno al suicidio.

Quadri di fiori

I fiori sono un soggetto ricorrente nei suoi dipinti. Il primo quadro in cui essi compaiono è Veduta di Arles con iris in primo piano, dipinto realizzato in un periodo in cui la tavolozza di Vincent diviene talmente luminosa da abbagliare: il colore predominante è il giallo, essenza del Sud della Francia e un colore da impiegare in tutte le sue possibili gamme; il paesaggio è caldo e limpido; l’orizzonte è alto, il punto di fuga fissato all’esterno della tela; ai giaggioli violacei in primo piano fanno da contrappunto i gialli ranuncoli, cosicché l’accostamento dei complementari esalta ulteriormente la luminosità del dipinto; i campi inondati di fiori (“un mare di giallo” dirà lui stesso) contribuiscono a cucire terra e cielo. Ancora protagonisti in un dipinto in olio su tela, i fiori inondano Albicocchi in fiore e tutta la serie di vasi con fiori (iris, altee, mandorli). Ma è nella serie de I girasoli che il giallo diventa il protagonista assoluto!

I girasoli

Il soggetto è talmente importante per Van Gogh che l’amico Gaugin vorrà ritrarlo proprio mentre è intento a dipingere girasoli. Esistono tre versioni con quindici girasoli e due con dodici fiori in un vaso. I girasoli vengono mostrati in ciascuna fase della fioritura, dal bocciolo all'appassimento: i fiori sono dipinti con tocchi leggeri e mobili che seguono l’andamento di petali e foglie, col risultato che la composizione acquista personalità, si anima e diventa metafora della vitalità della natura. I Due girasoli hanno forma diversa: collocate in primo piano su sfondo azzurro, sono inquadrate solo le corolle che ricordano le stampe giapponesi e acquistano maggiore freschezza rispetto alle composizioni in vaso. Questo dipinto dimostra come egli fosse divenuto in grado di padroneggiare diversi linguaggi per combinarli in raffigurazioni nuove e personali. I girasoli furono innovativi sia per l'uso dell'intero spettro giallo, sia grazie all'invenzione di un nuovo pigmento che, purtroppo, sta mettendo in pericolo la tenuta dei quadri: per una serie sfortunata di reazioni chimiche, il giallo cromo tende a scurirsi se esposto al sole e se nell’ambiente circostante sono presenti bario e zolfo (elementi che non sono presenti nel pigmento originale, ma possono esserlo in altri colori con cui è miscelato o con cui si trova a contatto).

Autorretrato de Van Gogh | Source Foto Museo Orsay , Paris | Date 2005Vincent van Gogh 1889 Sunflowers
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3 agosto 2011 3 03 /08 /agosto /2011 11:29

Com'è nato il simbolo del Popolo Italiano?

Storia

Dopo due pubblici concorsi (indetti nel 1946 e nel 1947), selezionato fra 800 bozzetti presentati da circa 500 cittadini (artisti e dilettanti), il 5 maggio 1948, con il decreto legislativo n. 535 firmato dal Presidente della Repubblica Enrico De Nicola, fa la sua comparsa il simbolo dell’Italia così come lo conosciamo ora. Tutto comincia nel 1946: il Governo, allora presieduto da Alcide De Gasperi, decide di istituire una Commissione, posta sotto la guida di Ivanoe Bonomi, appositamente pensata per perseguire lo scopo di dare un simbolo riconoscibile e unanimemente apprezzato in grado di rappresentare la neonata Repubblica. La Commissione stabilì di imbandire un concorso nazionale, la cui partecipazione era consentita a chiunque, col solo limite di non utilizzare simboli di partito, di inserire nello stemma la stella d’Italia e di realizzare una creazione che traesse “ispirazione dal senso della terra e dei comuni”. Il primo concorso vede 341 candidati. Tra questi vengono selezionati cinque vincitori, ai quali è affidato il compito di preparare nuovi bozzetti sul tema di “una cinta turrita che abbia forma di corona", circondata da una ghirlanda di fronde della flora italiana. Il vincitore è Paolo Paschetto, ma il simbolo non riscuote consensi, tanto che la Commissione è costretta a bandire un secondo concorso. Anche in questo caso, a trionfare è Paschetto, stavolta con risultati positivi, tant’è vero che è suo il simbolo attualmente in uso. Il simbolo non si può definire propriamente come stemma perché privo dello scudo (questo se si rispetta la tradizionale definizione araldica), per questo si dovrebbe parlare più di emblema della Repubblica Italiana.

Significato

L’emblema della Repubblica italiana consta di tre elementi: la stella, la ruota dentata e i due rami, uno d’ulivo e l’altro di quercia. I due rami richiamano due alberi tipici del patrimonio forestale italiano simboli di pace e si caricano anche di un significato simbolico. In particolare: il ramo d’ulivo indica la volontà di pace e la fratellanza interna e internazionale, mentre il ramo di quercia rappresenta la forza e la dignità del popolo italiano. La ruota dentata d’acciaio è il simbolo dell’attività lavorativa e, dunque, è l’espressione grafica del primo articolo della Costituzione Italiana (“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”). La stella è, invece, associata sin dal Risorgimento alla personificazione dell’Italia: nelle rappresentazioni iconografiche, essa compare spesso sul capo dell’Italia personificata (rappresentata come un'avvenente donna, con indosso una corona turrita sovrastata da un astro luminoso), poi nel 1890 compare nello stemma del Regno unitario (lo “stellone”), in seguito è stata la prima onorificenza repubblicana della ricostruzione (Stella della Solidarietà Italiana) e tutt’ora rappresenta l’appartenenza alle Forze Armate del nostro Paese.

emblema della Repubblica Italiana
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